Babywearing: da dove nasce questo termine?
Negli Stati Uniti, a metà degli anni ’80, la signora Martha Sears, moglie del pediatra William, solo dopo aver sfornato il loro sesto bambino ebbe l’intuizione di utilizzare un pezzo di lenzuolo per portare la sua creatura. Entusiasta dei benefici così scoperti, un bel giorno esclamò: “As long as I wear him he’s content” (“Fintanto che lo indosso, il bambino è contento!”). Di qui la doppia intuizione del marito: la sperimentazione e diffusione di un “nuovo” modo di abbracciare i bambini e l’invenzione del neologismo “babywearing” (che letteralmente significa “indossare il bambino”).
In seguito il Dr. Sears depositò questo nome e, dopo aver acquistato da un Archimede hawaiano il brevetto di un modello di sling (con chiusura ad anelli e quindi regolabile), ne iniziò la commercializzazione.
Come funziona?
In modo molto semplice: consiste nell’utilizzare un supporto, più o meno elaborato, per poter portare un bambino.
Fasce, mei tai, sling, marsupi: il mercato offre moltissima scelta, per tutti i gusti e tutte le tasche.
Grazie al babywearing, le mani sono libere. Ma come vedremo più avanti, i benefici non si fermano qui!
Portare o indossare un bambino, chiamatelo come volete, è un’esperienza molto appagante. Un viaggio che parte dai nostri sensi e arriva dritto al cuore. Tatto, olfatto, vista, udito di genitore e bambino si fondono in un unico totalizzante abbraccio.
Qui trovate un ulteriore approfondimento:
https://mhug.it/blogs/news/i-benefici-del-babywearing
Portare accompagna dolcemente dalla pancia al mondo
“È di fondamentale importanza per i genitori della specie umana comprendere appieno ciò che l’immaturità dei propri neonati significa: che il bambino continua il suo periodo gestazionale anche una volta nato. [...]
Attraverso il contatto corporeo con la madre, il bambino stabilisce i primi contatti con il mondo, e questi lo coinvolgono in una dimensione nuova di esperienza, l’esperienza del mondo degli altri. Questo contatto corporeo è fonte prima di benessere, sicurezza, calore e predispone sempre più a esperienze nuove”4.
Ashley Montagu, antropologo
Molti altri ricercatori definiscono il portare i bambini e altre abitudini atte a “richiamare” condizioni prenatali con un’espressione: “utero di transizione”, cioè un luogo dove continuare quello sviluppo che alla nascita ci presenta al mondo tutti “prematuri”.
Rassicurare
Rassicurare significa anche cercare di rendere il più “morbido” possibile per un neonato l’ingresso nel mondo, ora che non gode più di quelle sensazioni che viveva quando era ben protetto nel corpo della mamma.
Se ci pensate, un’altra cosa alla quale i bambini si devono subito abituare è la mancanza di suoni e di movimento. All’interno del pancione, è tutto uno swing: il battito del cuore della mamma, la sua voce (la sentono, sì!), il dondolio ritmico dei suoi organi interni, il suo movimento.
In una fascia il bambino si riappropria di quel ritmo e di quel movimento. È vicino al cuore della mamma e ne sente il battito, avverte il suo calore e il suo odore.
In braccio si sente sicuro, ritrova vicino al corpo della madre un ambiente familiare.
Il sentirsi al sicuro rassicura.
È provato che il bambino che non si sente protetto entra in uno stato di stress, cosa che accade in misura notevolmente inferiore se è a contatto con il corpo della madre. Lì vicino può essere da lei nutrito (self service milk, se è allattato), cullato dal suo movimento e dal suo stesso respiro.
Vi propongo di seguito lo studio10 del Dr. Michael Commons, Ph.D., ricercatore e professore presso la Harvard Medical School, che mette bene in relazione lo stress subìto dal bambino e le sue implicazioni in età adulta.
Ricordate, aggiungo io anche se non ho studiato ad Harvard, che un bambino Filippo abbracciato stressato diventa un bambino stressANTE (per il resto della famiglia).
Da quando si può usare una fascia? Puoi approfondire qui: https://mhug.it/blogs/news/da-quando-si-puo-usare-la-fascia-portabebe
Stimolare un neonato facendolo sentire protetto
Quando un bebè è portato in una fascia o in un marsupio, sta a livello degli occhi e della voce del portatore, con lui osserva la realtà che lo circonda. In questo modo sviluppa più velocemente la conoscenza del mondo e delle sue interazioni. Inoltre, essendo ad altezza bacio, già da piccolissimo riesce a vedere i tratti della mamma e impara a riconoscerli più velocemente.
Se ci fate caso, quando un bambino è nella carrozzina, a meno che non stia dormendo, richiede attenzione. Perché fondamentalmente, oltre al fatto di essere distante da voi, si annoia.
Anziché dover scegliere tra stare con nostro figlio e sbrigare faccende (cosa che può indurci a isolarci e anche a deprimerci), portare i bambini offre una terza opzione: fare le cose che dobbiamo e vogliamo, e contemporaneamente soddisfare il bambino con la nostra vicinanza.
A quelli che storcono il naso quando vedono una mamma portare un bimbo in fascia e con fare giudicante accusano di viziarlo, ribatto che pro- prio in questo modo si evita una vita bambinocentrica. Accompagnandoci nella nostra vita, il bebè non richiede costantemente attenzione. Inoltre, facendo il pieno di stimoli, apprende; quindi non lo sto viziando, sia chiaro, mi sto prendendo cura di lui.
Non solo, aggiungo pure che così facendo il bambino sarà più attivo intellettivamente, consumerà più energia e a fine giornata si addormenterà con maggiore facilità.
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